Il nuovo film di M. Night Colpodiscena Shyamalan

In principio fu Il sesto senso (1999), e quelli della mia generazione se lo ricordano bene. Il piccolo Cole vedeva la gente morta, e noi ce la facevamo nelle mutande, poi alla fine lui imparava ad accettare il suo dono, e noi, rincuorati, andavamo a dormire. E ce la facevamo nelle mutande. Qualche anno dopo, avendo nel frattempo arricchito anche grazie a Shyamalan la lobby mondiale della biancheria intima, rivedevamo il film e capivamo che, incidenti sfinterici a parte, quel film era sensazionale. Così magistralmente intessuto, così intriso di quella suspense che oggi diremmo, un po’ tautologici, shyamalaniana.

Seguirono anni più torbidi, come in una sorta di incipit a tutti gli effetti tratto da un film del regista indian-hollywoodiano, e ci imbattemmo in Unbreakable (2000) e Signs (2002). Nel primo assistevamo alla genesi di un supereroe melanconico, lo stesso Bruce Willis che già nel Il sesto senso ci aveva fatto comprendere di essere un attore capace (eccome) anche senza scene in cui si lanciava da un elicottero brandendo un coltello tra i denti, una mitragliatrice nella mano sinistra, una donna spaventata nella mano destra, e un cruciverba fra le ginocchia. Qui, colpo di scena, proprio alla fine identificava nel suo più grande amico il suo arcinemico sommo, “l’uomo di vetro” detto Samuel L. Jackson che anche in sedia rotelle esalava dalla pelle “grandissima vendetta e furiosissimo sdegno”. Nel secondo, per metterla breve breve, tornavamo a ingrassare i magnati delle braghe a suon di alienini e cropcircles, parodizzati dall’attack here di Scary Movie 3 (che non ci crederete, ma all’epoca ci faceva anche ridere).

M. Night sembrava però aver perso un po’ della sua tonicità, tuttavia, colpo di scena, nel 2004 tornavamo a godere con The Village, spacciato per horror dalla pubblicità, ma che ci fece capire che Shyamalan era davvero un bravo regista, e che non avrebbe mai girato un horror per davvero. Cavolo quant’era bello The Village, gioiellino cupo ove una comunità utopica si trasformava in regime dispotico inscritto in un microverso totalmente controllato, un Truman Show shyamalaniano. Eravamo di nuovo convinti, quel simpatico buontempone che come Hitchcock usava infilarsi di soppiatto nei suoi stessi film ci sapeva proprio fare.

Abbiamo trattenuto il fiato con Lady in the Water (2006), e alcuni hanno sospettato che si trattasse della cresta bassa della sinusoide del regista, ma tutto sommato Giamatti, il grande Paul Giamatti, ha salvato la fanta-frittata (sì ok, meno male che c’era il finale a sorpresa). Finché venne il giorno di E venne il giorno (2008), e di nuovo eccoci catapultati nell’horror non-horror, piacevolmente inconcludente, gradevole, tipicamente shyamalaniano perché ci accompagnava di nodo in nodo stupendoci fino alla fine. Il regista, che evidentemente voleva dimostrarci di saper passare di genere in genere, acchiappò due dei meno orrorifici attori di Hollywood (Mark Wahlberg e Zooey Deschanel) e ci condusse con loro in un’epopea di suicidi truculenti e insensati. E se ci fossero cascati anche i poveri protagonisti? Come fare a gestire una situazione in cui in pericolo non ti mette l’altro, ma ti ci metti da solo? Insomma, cresta alta della sinusoide.

E poi giù di nuovo a singhiozzi, con L’ultimo dominatore dell’aria (2010), in cui il Nostro sperimenta il fantasy non-fantasy ove la poetica shyamalaniana, semplicemente, vacilla, fino ad After Earth (2013), colpo di reni questa volta fantascientifico (Tanto pe’ cantà,
perché me sento ‘n friccico ner còre!) che vedeva Will Smith e pargolo – Jaden Smith – in una declinazione duopolica di I am Legend (Francis Lawrence, 2007). Oh, sia ben chiaro, non vi aspettate troppe battaglie in astronave o cose così, è sempre Shyamalan, e i suoi film non fanno che finire quando quelli di un regista qualunque (qualunque, per l’appunto) li farebbe iniziare.

Tutto ‘sto preambolo, francamente un po’ troppo shyamalaniano, per dirci che il trailer uscito pochi giorni fa di The Visit, nuovo horror (non-horror) di Shyamalan dovrebbe, a rigor di logica, tornare a essere nella cresta alta del regista uomo-mistero (Lynch capirà) dalla facciotta pulita. C’è, ci pare così dal teaser, un po’ di E venne il giorno, ma anche qualche forma di sesto senso, e tutto il resto. Insomma, se tutto va come dovrebbe, ci sarà un gran da divertirsi, e pure di saltare onestamente qualche volta dallo spavento. Il fatto, a onor del vero, è che con M. Night Shyamalan niente va mai come dovrebbe, e ci piace – anche nelle sue creste più basse – proprio per questo.

COLPO DI SCENA: la fine del pezzo avrebbe dovuto, dal titolo, essere l’inizio. Ma voi lo avete letto lo stesso. E ora giratevi, dietro di voi c’è un altro voi che vi guarda leggere, e la lobby delle mutande vi spia. TA-NA-NAAA!